Gli stati generali della natalità rappresentano con fin troppa chiarezza gli obiettivi discriminatori e non inclusivi delle politiche sociali italiane

COMUNICATO STAMPA – 11 MAGGIO 2024

I cosiddetti Stati Generali della Natalità, che si tengono ormai da qualche anno, suscitano giustamente il dissenso delle ragazze e dei ragazzi che hanno manifestato ieri a Roma, perché ne hanno capito perfettamente l’impostazione demagogica e moralistica che il governo, peraltro, sostiene in modo programmatico.

Il messaggio è sempre lo stesso, ed è rivolto a tutti gli italiani come un appello pre-bellico: la lavata di testa ai giovani che anziché programmare per sé stessi un “futuro procreativo” chiedono informazione e strumenti per affrontare un presente in modo libero, responsabile e consapevole, la reprimenda alle coppie che non fanno figli, quasi fossero dei traditori della patria. Ma fare figli non è obbligatorio, è una libera scelta.

Se aggiungiamo a questo le numerose iniziative, spesso solo propagandistiche, che esaltano l’intrinseca bontà della famiglia tradizionale e ignorano, quando non negano, il valore della felicità individuale e il contributo che ogni diversità può portare alla società, il dissenso e la protesta sono un riflesso sano, che va ascoltato e considerato e non represso a manganellate o ignorato con sdegno per lesa maestà.

Mario Puiatti, Presidente dell’AIED: “Già nelle scorse settimane, in Italia, abbiamo assistito ad un dibattito acceso sul provvedimento approvato dalla maggioranza del parlamento che consente alle associazioni “a sostegno della maternità” di operare all’interno dei consultori familiari pubblici, provvedimento che è stato inserito nel decreto sulle misure finanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ chiaro che si tratta di una provocazione politica elettorale, finalizzata a rassicurare la parte più reazionaria del loro elettorato, visto che il testo approvato dal parlamento è sostanzialmente identico al secondo comma dell’articolo 2 della legge 194 vigente dal 1978. Le iniziative come queste rischiano di rappresentare la pietra tombale dei nostri consultori, da cui le donne in difficoltà, e soprattutto le più giovani, è probabile si terranno a distanza, d’ora in poi. Se poi in questo clima così profondamente discriminatorio aggiungiamo il commento del Santo Padre, che paragona le donne e gli uomini che usano la contraccezione al pari dei signori della guerra che alimentano il mercato delle armi, non si può che riconoscere che ci avviamo davvero verso tempi sempre più bui, già raccontati e vissuti in passato e già preconizzati da poeti e letterati.

L’AIED sostiene ancora una volta, oggi come nell’arco degli ultimi 70 anni, che l’Italia deve rispondere alle domande dei più giovani introducendo subito nelle scuole italiane i corsi di educazione sessuale e affettiva, deve pensare a strumenti di welfare ché́ rispondano alle esigenze delle donne e delle coppie in ambito di maternità̀ e genitorialità̀, che è necessario costruire un contesto di libertà e speranza nel futuro, di accoglienza e tutela per le libere scelte delle persone sull’amore e la sessualità̀.

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