Cambiano i pannolini e accompagnano i figli a scuola. I nuovi padri stanno rivoluzionando la famiglia. Creando una simmetria di ruoli finora sconosciuta in Italia: “Spesso i contratti sono a tempo, oggi lui, domani lei. È necessario essere intercambiabili”. E in Francia le aziende li agevolano
NON È soltanto questione di pannolini, di lavatrici equamente divise, o di favole da leggere pazientemente la sera, finché non arriva il sonno, i bambini dormono, la luce si abbassa e in casa entra la quiete. È tutto questo, e molto di più. Nel nostro paese è in atto da tempo, silenziosamente, una rivoluzione della paternità. E dunque della coppia. In un sentiero che dalla asimmetria conduce alla simmetria.
Perché c’è una generazione di uomini – hanno tra i 30 e i 35 anni, vivono nel Centro Nord, hanno buoni titoli di studio, compagne che lavorano e figli molto piccoli – che sta scoprendo e sperimentando giorno dopo giorno un nuovo modo paritario, interscambiabile, concreto e fisico di essere padri, e naturalmente mariti e compagni. Padri “high care”, collaborativi, partecipi, insomma quasi “perfetti”, così li ha definiti in uno studio appena pubblicato sull’Osservatorio Isfol una giovane sociologa, Tiziana Canal, ricercatrice all’università Carlos III di Madrid.
Tracciando un vero e proprio identikit statistico di un genitore (maschio) che per la prima volta, nell’88% dei casi non soltanto gioca con i figli, ma li accompagna a scuola, li lava, li veste, cucina per loro, li accudisce insomma, in una simmetria di ruoli finora quasi sconosciuta in Italia. E poi comunque fa la spesa (68,3%), aiuta nelle faccende domestiche (37,5%) e ogni sera mette a letto i propri bambini (25%). Dati che a leggerli bene raccontano anche quanto sono cambiati i sentimenti e le leggi dell’amore all’interno di una coppia, e quanto, anche, l’esplosione dei canoni tradizionali del lavoro stia mutando per sempre la struttura delle giovani famiglie.
“Se non c’è Veronica ci sono io, e se non ci sono io c’è Veronica – racconta Guido Forti, geologo con lavori a progetto, marito di Veronica, ricercatrice di Fisica – e soltanto così riusciamo ad occuparci, bene, di Guia, che ha 5 anni, e di Antonio che ha 24 mesi. Non ho mai pensato che i figli o la casa dovessero essere “appannaggio” di mia moglie, che in questa fase lavora e guadagna più di me. Occuparsi di Guia e Antonio è un lavoro da pazzi, senza baby sitter e con i nonni lontani, ma lo faccio fin dai loro primi giorni di vita, e per me è naturale. Questo non vuol dire che sia facile. Però è straordinario. E se non avessi vissuto le notti insonni e i cambi di pannolini, forse oggi non avrei questo rapporto così felice con i miei figli”.
Anche se, è il caso di dirlo, dietro questo cammino verso la “simmetria” che riguarda comunque in Italia una giovane avanguardia di coppie, c’è il costante, paziente e deciso lavoro delle donne. E questa è infatti la tesi dello studio “Paternità e cura familiare” di Tiziana Canal, che ha basato la sua indagine, e dunque il ritratto dei “padri high care” contrapposti ai “padri low care”, su seimila interviste a donne tra i 25 e i 45 anni. Dove ciò che emerge è che questi padri e mariti “high care”, sono prima di tutto compagni di donne che lavorano e hanno alti titoli di studio.
“Mi sono sempre occupata dei temi del lavoro dalla parte delle donne, ma da tempo avevo la curiosità di affacciarmi sull’altro versante, capire perché sul fronte della paternità e della cura familiare gli uomini italiani siano spesso in fondo alle statistiche europee. Perché invece, ciò che credo – dice la sociologa Tiziana Canal – è che nelle giovani coppie molto stia cambiando, e quindi, sulla base dei racconti delle donne, ho provato a descrivere quando e come un uomo si può definire “high care”.
E l’elemento più forte è che un padre è tanto più partecipe e collaborativo quanto più la sua compagna è impiegata a tempo pieno, ed è socialmente ed economicamente forte. E una spinta “culturale” in questo senso potrebbe darla la legge sul congedo di paternità obbligatorio che il ministro Fornero vorrebbe introdurre anche in Italia”.