Vanity Fair contro la pillola, la risposta di Carlo Flamigni

L’unica cosa corretta che ho potuto leggere nell’articolo di Vanity Fair (“Pillola, è finito un ciclo”, di Irene Soave) riguarda il fatto che un certo numero di medici, forse molti, certamente troppi, preferisce non prescrivere pillole anticoncezionali: non ne parla, se ne parla ne parla male, qualche volta si limita a fare le facce, a mostrarsi perplesso.

E’ sempre stato così: la pillola è un contraccettivo non naturale, offende la dignità della procreazione, la Chiesa la condanna, le brave persone la considerano con sospetto, fa ingrassare, qualche moralista si è persino inventato l’ipotesi di una azione aborigena. Alcuni anni orsono un medico spagnolo, tale Castellvì, dichiarò all’Osservatore Romano che la causa principale della recente diminuzione della fertilità maschile stava proprio nella grande quantità di ormoni che le degenerate ragazze moderne assumevano per potersi dedicare a una vita sessuale scriteriata e immorale: gli ormoni delle pillole passavano nelle urine, le ragazze li disperdevano nell’ambiente (avrete notato tutti il grande numero di giovani donne che si fermano a fare pipì dietro a un cespuglio o all’angolo de una strada) costringendo il povero maschio ad assorbire ormoni femminili, che certamente bene non gli fanno. Non c’è veramente limite alla fantasia (faccio per dire) dell’uomo.

In realtà c’era veramente molto da dire sulla pillola di Pincus, quella degli esordi della contraccezione ormonale: alti dosaggi, ricerca clinica insufficiente e poco affidabile, indebite pressioni dell’Industria Farmaceutica, etica medica traballante. La pillola di oggi contiene bassi dosaggi di estrogeni, ha una gamma di progestinici ampia, se ne conoscono perfettamente pregi e difetti, è certamente il miglior contraccettivo disponibile sia in termini assoluti di sicurezza, sia per quanto riguarda il rapporto tra costi e benefici.

I molti Margite (alludo all’eroe greco che sapeva molte cose ma le sapeva tutte male) che scrivono sull’argomento dovrebbero almeno tentare di fare un calcolo un po’ meno elementare di quello al quale s’ispirano: la pillola è il metodo contraccettivo che comporta in assoluto il minor numero di gravidanze non desiderate (un abisso statistico rispetto a tutti gli altri metodi contraccettivi, la fossa delle Marianne nei confronti dei metodi naturali) e le gravidanze non desiderate sono, quale che sia il loro destino, responsabili di una serie di guai che la pillola nemmeno si sogna.

Sto parlando di guai seri, non di una fugace depressione che può essere eliminata cambiando semplicemente pillola, sto parlando delle sterilità secondarie agli aborti e delle complicazioni delle gravidanze, se non mi credete andate a leggervi le statistiche. Per queste ragioni penso di poter scrivere – e poter documentare – che la contraccezione ormonale è il metodo migliore per le ragazze che hanno meno di 40 anni, tolti i pochi casi nei quali esistono controindicazioni.

Debbo però aggiungere che se io fossi un “non addetto ai lavori” pieno di curiosità, mi chiederei, per prima cosa, cosa è realmente cambiato nella contraccezione in questi ultimi trent’anni: la risposta è che non è cambiato praticamente niente, anche l’ultima novità, la contraccezione d’emergenza, si basa sulla somministrazione di ormoni, e sono quasi sempre gli stessi ormoni contenuti nella pillola.

Il guaio è che non solo le tecniche sono rimaste le stesse, non è stato fatto alcun progresso nell’educazione sessuale, l’unico metodo valido per fare prevenzione nei confronti delle gravidanze indesiderate, l’erba velenosa che non riusciamo a eliminare da quella insalata mista che è la nostra vita sessuale: per quanto ne so di quel poco che si fa la parte del leone la fa l’AIED, che compensa la modestia delle sue forze con grande passione, ma che certamente più di tanto non è in condizione di fare, soprattutto in un paese difficile come il nostro, un paese nel quale esistono persone che dicono e scrivono che per prevenire l’aborto volontario non si debbano evitare le gravidanze non desiderate, ma si debbono convincere le ragazze che tutte le gravidanze debbono essere accolte con gioia, anche se sono il risultato di uno stupro o la conseguenza della stupidità e dell’egoismo del partner, l’embrione è comunque uno di noi anche se ci rovina la vita. Forse l’ho già detto, ma mi ripeto, la stupidità degli uomini è l’unica cosa che riesce a darmi l’idea dell’infinito.

L’ultima cosa della quale desidero parlare in questo breve commento a un articolo del tutto sbagliato riguarda il riferimento alla contraccezione maschile; leggere che sarebbe ora che anche gli uomini assumessero le loro responsabilità mi fa accapponare la pelle.

Ricordo a chi legge che una decina di anni or sono molti istituti di ricerca (fra i quali la Clinica ostetrica di Bologna) erano arrivati molto vicini alla messa a punto di un metodo contraccettivo ormonale per l’uomo, la ricerca sperimentale era praticamente conclusa, bisognava sperimentare sui grandi numeri e per questo era necessario che almeno una casa farmaceutica si impegnasse: ebbene i risultati di questa ricerca furono desolanti: tutte le industrie potenzialmente interessate avevano concluso, alla fine di una ricerca di mercato, che gli uomini non erano interessati a questa novità, non consideravano la contraccezione un problema personale (era comunemente considerata “roba di donne”) e in ogni caso non si sarebbero mai volontariamente esposti ai danni che l’assunzione di ormoni avrebbe certamente provocato alla loro “potenza” sessuale.

Come dicevo, per riuscire ad avere una idea dell’infinito non è necessario guardare lontano.

Carlo Flamigni, Presidente onorario AIED 9 novembre 2015

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