Documento di proposte presentato dall’AIED in occasione della tavola rotonda “La questione demografica in Italia”. Roma, 16 maggio 2018.
Nel 1953, anno in cui l’AIED è costituita, l’Italia era un paese ancora immerso in un apparato normativo, burocratico e istituzionale conservatore, che non veniva messo in discussione nonostante fosse ormai in stridente contrasto con i principi costituzionali. Era un paese prevalentemente rurale e agrario, che usciva dalla dittatura fascista pieno di speranze e di tensioni democratiche e che tuttavia doveva fare i conti con il perdurante e profondo attaccamento alle tradizioni e con l’incidenza culturale e politica dei dettami morali della chiesa cattolica.
L’AIED, con la sua azione, ha accompagnato, essendone sempre testimone e nel suo campo d’azione importante e attiva protagonista, le trasformazioni – politiche, culturali e sociali – che il paese ha conosciuto, con evoluzioni e involuzioni, fino ad oggi.
Dopo tre lustri di battaglie culturali, politiche e giudiziarie dell’AIED, nel 1971 la Corte Costituzionale abroga l’art. 553 del Codice Rocco. Si apre una straordinaria stagione di conquiste. Le donne acquisiscono consapevolezza, studiano e lavorano, ottengono diritti e servizi: divorzio, contraccezione e aborto legale, nuovo diritto di famiglia, consultori pubblici, asili nido. In linea con le teorie demografiche che legano il calo della natalità al benessere economico e al diffondersi della cultura, le donne fanno meno figli e l’Italia si allinea alla media europea.
Secondo le previsioni demografiche, nel 2065 l’Italia avrà 6.5 milioni di persone in meno. Tali previsioni creano da diversi anni un senso di allarme che assume forme diverse: dalla paura identitaria alla più profonda riflessione sulle conseguenze che l’invecchiamento della popolazione potrà avere nelle dimensioni economiche, sociali e politiche. Indipendentemente dalle sfumature della preoccupazione, è un fenomeno con il quale l’Italia deve fare i conti.
Tuttavia, non è possibile prescindere dallo stato del pianeta e dalle previsioni demografiche mondiali, che stimano una crescita fino a 9.8 miliardi di persone entro il 2050. La concentrazione della crescita demografica nei Paesi più poveri è una sfida per gli obiettivi di sviluppo sostenibile, primi tra tutti quelli relativi all’eradicazione della povertà e della fame, alla diffusione dell’educazione e alla riduzione delle disuguaglianze.
La situazione dell’Italia di oggi, che registra un calo delle nascite e l’aumento delle persone anziane, impone al paese di affrontare da subito un percorso di riforma delle politiche sociali ad ampio spettro. Politiche che siano congruenti con i desideri e le aspirazioni di tutte le donne, sia di quelle che desiderano dei figli sia di quelle che scelgono diversamente, affinché non si creino dinamiche penalizzanti della libera e responsabile scelta di ciascuno.
E’ necessario quindi continuare a promuovere politiche che aumentino il tasso di occupazione femminile e che siano volte al superamento delle differenze di genere nell’accesso al lavoro, nel trattamento economico e nelle opportunità di carriera.
E’ necessario pensare a riforme strutturali per un welfare “attivo” che comprenda tutto l’arco di vita dell’individuo, dalla nascita alla vecchiaia, che tenga conto della nuova struttura del Paese, che produca promozione sociale e crei opportunità anche con politiche di conciliazione tra il ruolo produttivo e quello riproduttivo della donna.
E’ necessario pensare a un paese in grado di accogliere nuovi cittadini e pronto alla trasformazione sociale ed economica che il miglioramento delle aspettative di vita a livello globale implica.
E’ necessario prendere atto dei nuovi modelli di famiglia rispetto a quella tradizionale cui l’Italia è ancora legata e che negli altri Paesi europei, già da tempo, coesiste con altre organizzazioni familiari, con pari diritti. Si tratta di pensare a interventi che portino conseguenze felici di modernità, sicurezza, inclusione e speranza per il futuro, condizioni sempre più sentite come necessarie prima di tutto dalle donne, che individuano nella mancanza di serenità, opportunità e servizi le cause di una diversa pianificazione della famiglia rispetto a quanto desiderano.
E’ necessario promuovere l’informazione sulla salute riproduttiva a partire – ma non solo – dalle scuole e fin dalla scuola dell’infanzia, con corsi di educazione alla sessualità e all’affettività, come avviene nella gran parte dei paesi europei; rafforzare la rete dei consultori aumentando le strutture e il personale socio sanitario, affinché possano essere centri d’informazione e di assistenza sulla salute riproduttiva facilmente accessibili; aumentare i servizi gratuiti per le mamme e i bambini nei primi tre anni di vita; aumentare gli asili nido e le scuole dell’infanzia, anche prevedendone la gratuità per le famiglie a basso reddito; superare il congedo di maternità in favore del congedo parentale, usufruibile tanto dalle donne quanto dagli uomini.
E’ necessario e urgente, quindi, ridare vita al processo culturale italiano, non dimenticando lo sforzo delle associazioni della società civile nella diffusione di conoscenza e informazione, nella promozione del dibattito politico e nella loro azione di proposta legislativa. Promuovere con serenità e senza pregiudizio l’informazione corretta sulla sessualità significa occuparsi di relazione, di amore, di parità e di diritto. E’ importante superare la paura del crollo della natalità e cogliere l’opportunità di questa pausa demografica per ridefinire la mappa dei servizi alla persona e alle famiglie.