#NoViolenza: Contributi concreti

banner iniziativa "No Violenza – Contro lo stalking, il  femminicidio ed ogni altra forma di violenza sulle donne"
Queste le vostre proposte concrete
Partecipa all’iniziata dal 16 al 29 aprile.
Informati sull’iniziativa


Letizia Cianetti (Sito AIED e Facebook) > Rifiutare rapporti con persone violente o aggressive


Graziella Algieri @graziellalgier (Twitter) > La prima normativa europea non è cosa da poco, l’Italia deve firmare, ci sono articoli interessanti sullo stalking


Graziella Algieri @graziellalgier (Twitter) > Una normativa europea più severa di quella italiana cambia eccome!


Marianna Carrara (Facebook) > smettere di usare un linguaggio sessista


Miluska Ojeda (Sito AIED e Facebook) > Frequentare e allenarsi con corsi di autodifesa e simili, sono interessanti da conoscere, anche solo per avere più tempo di reazione


Jackie Bartoletti  @Crionecri(Twitter) > Bisogna considerare non solo le violenze fisiche, più eclatanti, ma anche le violenze psicologiche


Nicoletta Verardo (Sito AIED) > Bisogna far conoscere il problema e aiutare le vittime ad uscire dal problema, come fanno i Centri antiviolenza. I Centri antiviolenza si occupano di stalking, e lavorando in rete con legali e talvolta anche con le forze dell’ordine, possono dare un aiuto alle donne per valutare la gravità dei fatti e la migliore strategia da seguire per sottrarsi alle persecuzioni. Inoltre è importante lavorare anche con i ragazzi delle scuole. Per noi operatori è molto coinvolgente e stimolante lavorare su questi temi con i ragazzi, abbiamo anche del materiale video che possiamo mettere in rete.


Roberto Gregorio (Facebook) > C’è tanto lavoro da fare prima che il rispetto della donna non debba venire imposto per legge: si inizia non facendo passare messaggi sbagliati e facendo in modo che i figli maschi e le figlie femmine vengano educati allo stesso modo nelle case


Salvo @ronin82s (Twitter) > Ci vorrebbe più educazione al rispetto di tutti e dovrebbe essere data da genitori e insegnanti


Centro Antiviolenza Donna Salerno (Sito AIED)  > Gli sportelli contro lo stalking e i corsi di autodifesa femminile istituiti dai centri anti-violenza non bastano. Sarebbe opportuno istituire un corso di sensibilizzazione e di in-formazione per le forze dell’ordine, tenuto da operatori che operano nel campo da anni e che meglio di tutti conoscono le necessità delle donne.


Loredana Lipperini (Lipperatura) > Continuo a essere convinta che le due strade (immaginario e azione sociale e politica) si intreccino, e che la seconda non possa essere efficace senza la prima.
Ma agire sull’immaginario significa rivolgersi in primo luogo ai ragazzi. Ai giovani maschi. Significa non solo lavorare sulla loro cultura, a partire dall’infanzia, ma trovare, davvero, le parole per dirlo e persone disposte a dirlo. Persone di cui hanno stima.
Significa che di violenza sulle donne dovrebbe occuparsi, per esempio, un canale televisivo come DMAX, e non solo magazine femminili benemeriti.
Significa che una presa d’atto della questione andrebbe fatta nei luoghi dove i giovani maschi, o almeno molta parte di loro, si ritrovano e crescono: il calcio, come suggeriva settimane fa Iaia Caputo, alcuni fumetti (esiste una ricerca italiana simile a questa, che parla di una larghissima maggioranza maschile fra i lettori?), la stessa letteratura (scriverebbero mai, un Camilleri e un Faletti, un romanzo come Rose Madder,dove di centri anti-violenza si parla?).
Significa anche, però, che di narrazione si deve discutere, e non di interventi didascalici o politicamente corretti (e dunque destinati a essere poco efficaci). Significa che bisogna trovare il linguaggio, e provare a liberarlo da toni colpevolizzanti o, viceversa, vittimistici.


Ipazia e(v)viva > Che cosa è la violenza? Esiste quella fisica, che lascia i segni spesso per sempre. Esiste quella intimidatoria e verbale, minacce silenziose perpetrate nel tempo, di nascosto. Ed esiste quella che non si vede, che non si sente e non ha nome, perché ad essa, abbiamo fatto l’abitudine. Ecco, di questa violenza, meno grave e quantificabile certo, di questa violenza che costruisce terreno fertile per una cultura di continua mortificazione del femminile, vorrei parlare oggi che è il Blogging Day indetto da Aied sul tema della violenza sulle donne. E lo faccio perché credo bisognerebbe cominciare a stigmatizzare, a dare l’allarme, anche sulle violenze quotidiane, quelle rubricate sotto “battute di spirito” o “ironia non moralista»……. Parliamo di noi, di una cultura che è di tutti, uomini e donne, e che quotidianamente si fa strada con un’inerzia incessante. Perché è lì che il tarlo della violenza comincia a lavorare, in quello sfottò per cui si passa, quasi senza accorgesene, dal ridere di una caratteristica della persona a deridere la persona stessa. Che quindi, perde il diritto di esserlo “persona”. Arrestare il tarlo fin dall’inizio del suo lavoro è forse l’unico modo per uscire dall’arrettratezza culturale, politica ed economica di questo Paese. Perché, questo sì, un Paese che umilia ogni giorno la metà dei suoi cittadini è un Paese violento per tutti. Non solo per le donne.


Rosy Battaglia (BATBLOG) > Corsi per ragazze e ragazzi per l’educazione alle pari oppurtunità, workshop per l’educazione alla sessualità responsabile allargati alle famiglie, alle associazioni, ( e sarebbe ora anche alle parrocchie) ; campagne pubblicitarie “Women friendly” sui media, dalla TV, al Web, alla carta stampata. Non sono cose nuove, molte ci sono già. Ma sono tutte attività che andrebbero sostenute con convinzione….
Penso che dove ci sia rispetto, cultura e conoscenza per chi è diverso da noi per sesso, religione, preferenze sessuali, nazionalità, non ci possa essere violenza. Semplicemente….
Penso che proprio da un’attenzione al rispetto dell’altro, si possa dare la possibilità a ragazze e ragazzi di crescere nella reciprocità, nella condivisione delle proprie diversità.
Nella certezza che non si debba ricorrere alla violenza per imporre il proprio pensiero, che non si debba ricorre allo stalking, per risolvere un conflitto, un abbandono.


Lavinia Pucci (Dimore Metafisiche) > Sono ferite interiori che minano l’autostima e la qualità della vita. Diventa allora necessario informare, supportare concretamente e attivare l’assertività. Infondere la consapevolezza della propria dignità. Sono quindi necessari strumenti e strategie di difesa per aiutare le donne che non riescono, da sole, a dare voce al dolore, all’umiliazione, o che sottovalutano gli effetti di azioni assillanti, presenze ossessive, pensando di potercela fare senza aiuto….


Virginia Odoardi (Linkiesta) > Dire no alla violenza significa, quindi, anche combattere la violenza linguistica che genera stereotipi, fantasmi, paure e odio


Il tempo di Francesca Bertini > “Rompere il muro di silenzio e di invisibilità”, ecco: la peggior violenza è il silenzio.


Zenzero & Tabacco > …Il mio personale contributo è quello di parlare con il cuore a tutte quelle donne che prima ancora di subire violenze fisiche, subiscono violenze psicologiche: non siete così deboli come credete. Potete uscire da quell’abbraccio che vi crea dipendenza e tornare a vivere, a mangiare magari, a sorridere, a svolgere una vita serena. Parlate. Parlate. Parlate. Lui non è il vostro unico punto di riferimento, lui è solo un uomo. E non tutti gli uomini sono così.


PaoloXL (O capitano! Mio capitano!) > Chiediamo un provvedimento che dia risorse ai centri antiviolenza e sistemi di controllo della pubblicità e dei media, cattivi maestri nel perpetuare stereotipi che impongono sulle donne il modello “fedele e sexy”


Parliamone Assieme > Gli uomini che passano in Rete oggi e leggono l’appello dell’AIED dovrebbero cominciare ad organizzarsi per attivare nei loro ambienti e nelle loro città delle manifestazioni contro la violenza sulla donna il 25 novembre prossimo. A cominciare dai giovani.


Blonde Suite > Non basta far tacere la tv, far scomparire Belen e iscrivere all’albo delle giornaliste le veline, abbiamo bisogno di un’inversione di tendenza, che parta prima di tutto da noi stessi. Per prime noi donne dovremmo essere più consapevoli del potere individuale del nostro ‘io’, dovremmo imparare a solidarizzare; inoltre, forse, dovremmo divulgare la filosofia del riconoscimento e della denuncia: riconoscere comportamenti che possano far scaturire violenza, cercare di evitarli, riconoscersi oggetto di violenza e denunciare episodi simili, con coraggio e forza. Esporsi non significa umiliarsi.


Come Straniere > La lotta deve partire da noi donne, ma non prese singolarmente, ma unite! Basta isolarci a vicenda, basta provare invidie, dobbiamo essere insieme in questa lotta per ciò che ci spetta di diritto. D’altronde non si potrà mai parlare di libertà, uguaglianza, democrazia, rispetto dei diritti umani e pace se tutti insieme non prendiamo posizione contro questa violenza.
Dobbiamo trovare il coraggio di combattere la mercificazione del corpo femminile. Tutte le donne devono sapere che il loro corpo non è merce di scambio.
Dobbiamo smettere di annullarci, rispettando i canoni imposti dalla società, pur di essere accettate. Dobbiamo smettere di guardarci, come afferma Lorella Zanardo, con occhi maschili.
Dobbiamo combattere i linguaggi e gli atteggiamenti sessisti proprio a partire da quelli che saranno le/i nostre/i bambine/i, cominciando dalla cosa più semplice, ma non per questo poco importante quali i giochi.
Ci sono tante, tantissime cose che si potrebbero fare, come per esempio trovare forme di autodifesa, ma se vogliamo che le cose cambino davvero è necessario cominciare dall’educazione a partire dalla famiglia e dalla scuola.
Bisogna insegnare a bambini e bambine il rispetto assoluto per l’altro, che gode dei nostri stessi diritti. Cominciamo con le femmine ma non dimentichiamo i maschi. La società va cambiata, ma affinché questo avvenga è necessario che gli uomini stessi attuino un cambiamento nel loro modo di agire, di pensare e di trattare la donna.
Noi donne, per cominciare, impariamo ad avere rispetto per noi stesse e per le altre donne.


Sabrina Ancarola > Donne come Aretha Franklin, Miriam Makeba, Joan Baez e Mercedes Sosa con le loro canzoni hanno smosso le coscienze contribuendo all’evoluzione dei diritti umani in tutto il mondo. Possiamo parlare, fare denuncia e informazione tramite l’arte in ogni sua forma perché quando viene usata la creatività il messaggio arriva anche a chi non vuole sentire proprio perché colpisce sul piano emotivo. Questa è un’ottima strada.


Extra Mamma > Per far diminuire il numero di personaggi così orrendi ci vuole una rivoluzione culturale ma anche l’impegno dei genitori perchè i picchiatori di domani sono i bambini di oggi.


Donne Viola> #Noviolenza ogni giorno.
Partendo da lontano, da tutti quegli atteggiamenti che minano l’immagine della donna e che tendono a ridurre mera materia un essere pensante.
Perchè se vogliamo combattere la violenza dobbiamo iniziare a combattere anche gli stereotipi.
Quegli stereotipi che ci ingabbiano, che inculcano nell’immaginario collettivo l’idea che la donna sia un oggetto da possedere, da avere ad ogni costo.
Quegli stessi stereotipi che ledono la nostra libertà, quegli stereotipi che ci indicano come dobbiamo vestirci, come dobbiamo comportarci, come dobbiamo essere.
E che fanno ricadere le colpe della violenza su di noi.
[…] Non si può combattere la violenza se non si comincia a lavorare nel quotidiano, sui messaggi che vengono trasmessi ai ragazzi.
Non si può pensare che gli adulti di domani saranno migliori di quelli di oggi se non facciamo in modo che nella nostra società venga operato un cambiamento.
Un cambiamento che si può ottenere solo non avallando comportamenti scorretti e che ledono la nostra dignità.
Un cambiamento che possiamo raggiungere non girando la testa dall’altra parte quando assistiamo alla nostra mercificazione…


Tiziana Jacoponi (Lipperatura) > Dobbiamo rivedere la narrazione le filmografia e lavorare sui giovani nei luoghi in cui si aggrgano e si incontrano


Le tre gonne di Villa P. > Ogni giorno si dovrebbero educare i nostri figli all’amore per il prossimo, al rispetto della persona che ci sta accanto, che lavora per e con noi.
É disdicevole vedere quanto ancora siamo lontani dal rispetto della donna. Che io non considero Il Sesso Debole, bensì una risorsa immensa.


Mollica di pane > Credo nel potere della parola, esso è fondamentale; la parola è cultura, forma il pensiero. Ecco perché, essendo una docente non posso che affermare che è dalla scuola che bisogna partire, è dalla scuola che prende il via il rinnovamento.
Sin da piccoli è necessario formare i nostri ragazzi al rispetto del concetto di donna, perché, come diceva Carlyle Guerra de Macedo “Educare il bambino di oggi significa prevenire il criminale di domani”. Non dimentichiamo però, che l’educazione passa non solo dalla scuola, ma soprattutto parte dalle famiglie; la scuola deve agire anche su di esse. La mamma e il papà sono i primi che devono educare i propri figli all’uguaglianza di diritti e doveri.


I Fratelli Karamazov > Nasce tutto da qui, dall’educazione al rispetto, all’accettazione, alla diversità. Non restiamo in silenzio: scriviamone, parliamone, agiamo. Scendiamo in piazza, educhiamo i nostri figli, confrontiamoci con l’altra metà del cielo, siamo solidali con chi subisce violenza, rimbocchiamoci le maniche.
Creiamo una società di uomini e donne liberi.
La libertà è partecipazione, condivisione, rispetto.
La libertà garantisce la medesima dignità a chiunque.
La libertà sta nel rispetto della nostra dignità di persone. Senza distinzioni di genere.


Paola Landini @p_aola259 (Twitter) > Creare rete per aumentare la consapevolezza nelle donne e negli uomini.Sovvertire la cultura maschilista che ancora oggi impera


Marta Mac @martamacbeal (Twitter)  > Si deve partire dall’educazione, dai messaggi che ogni giorno vengono trasmessi


Luciana Riommi (Facebook) > È importante che il messaggio educativo tocchi corde emotive profonde, altrimenti lascia inalterata proprio quella sfera da cui partono i comportamenti violenti.


Alessandra Cosimato (Facebook) > Il linguaggio è parte fondamentale della cultura e credo che diffondere un certo tipo di cultura, improntato sul rispetto di sé e degli altri, sull’uguaglianza e sulla non violenza, sia il primo passo per fare concretamente qualcosa!


Ardovig @ardovig (Twitter) > Insegnare ai/alle bimbi/e la differenza di genere, ai/alle ragazzi/e il rispetto del proprio e altrui corpo. #NoViolenza


Simona Franceschi @Simona65Simona (Twitter) > Tutto passa dall’educazione, sessuale e sentimentale


Luisa Pronzato @luisapronzato (Twitter) > E se fosse questione di educazione, cultura di cui il sesso è una delle componenti? Chiamiamola educazione umana


Margherita (Sito AIED) > La prima forma di violenza nasce sui banchi di scuola ed esce dai libri di testo: che non raccontano nulla di noi donne. Artiste, poetesse, scrittrici, scienziate, fisiche e matematiche… le donne crescono senza vedersi rappresentetate. Non hanno modelli forti a cui mirare, non hanno stima di sè in quanto mai rappresentate in positivo. Noi abbiamo pari dignità e pari valore degli uomini nei vari saperi, ma siamo state volutamente oscurare e avvilite per poterci controllare e maltrattare! Se non è violenza questa! Da qui nasce la debolezza e la paura di molte donne. Dobbiamo pretendere che i testi scolastici parlino di NOI.


Paola (Sito AIED) > É di vitale importanza creare una rete e aderire ad iniziative come questa, nata per favorire la crescita della consapevolezza ad una educazione non violenta e per combattere ogni tipo di violenza sulle donne, consapevolezza non solo nelle donne, ma anche -importantissimo- negli uomini.


Adriana (Sito AIED) > Violenza fisica, psicologica, stolking, mobbing sul posto di lavoro, discriminazione. Sono concetti che devono essere insegnati a scuola ed in famiglia, per dare gli strumenti ai nostri figli, nipoti per poter costruirsi una coscienza morale. Non è necessario sfociare nel femminismo sfrenato, a volte poche parole servono più di mille cortei. E’ necessario scuotere le coscienze dei nostri ragazzi, ma non solo. E’ necessario far sentire alle donne che non sono sole, che esiste una via d’uscita che si può alzare la voce, difendersi, impedire che ci facciano del male. Bisogna imparare che volersi bene è un atto di forza mostruoso ma che distrugge il più accanito degli uomini.


Paolo (Sito AIED) > Dobbiamo impegnarci ad aiutare tutte quelle donne che non hanno il coraggio di denunciare i loro aguzzini


Rosaria (Sito AIED) > Bisognerebbe educare fin da bambini alla non violenza gli uomini quanto le donne. Sia in casa che nelle scuole sarebbe opportuno educare allo stesso modo maschi e femmine, mettendoli sullo stesso piano. A volte è il modo in cui si cresce, l’ambiente in cui si vive che rende le persone aggressive e violente.
Le istituzioni, ovviamente, possono e devono intervenire. Istituire nelle scuole corsi di autodifesa o simili può essere un passo avanti per l’emancipazione femminile, per aiutare le donne a sentirsi “alla pari” e vincere una discriminazione quasi sempre psicologica prima che fisica


Francesco @lupoditalos (Sito AIED) > la cosa dovrebbe essere affrontata già dalle scuole secondarie introducendo come materia dell’importanza dell’italiano e della matematica l’educazione civica il rispetto dei sessi e del prossimo, se queste cose vengono inculcate già nei primi anni scolastici nei ragazzi si potrebbe nel tempo o perlomeno si spera ridurre questi odiosi comportamenti vedere nei soggetti deboli (tra virgolette) non un possibile abuso ma uno stimolo ad aiutare farebbe crescere la società


Vincenzo Puppo (Sito AIED) > La prevenzione delle violenze sulle donne sarà possibile solo cambiando l’educazione dei bambini ed eliminando l’educazione maschilista unica.
A tutti i bambini deve essere spiegato l’assurdità di qualsiasi violenza compiuta su un altro essere umano.
Dal punto di vista intellettuale e comportamentale non esistono reali differenze tra maschi e femmine (quelle che esistono sono dovute principalmente a condizionamenti culturali acquisiti). Quindi si potrebbe già cominciare a considerare i giocattoli in modo neutro, senza distinzioni di sesso, e, per esempio, far giocare i maschietti (chiaramente senza prenderli in giro) anche con i giochi “femminili”, abituarli di più alla compagnia e ai giochi con le bambine e ad aiutare i genitori anche nelle “faccende” domestiche, cominciando a responsabilizzarli come si fa con le bambine.
Chiaramente non si dovranno più comprare e regalare giocattoli di guerra ai bambini….. Dal punto di vista sessuologico si dovrà eliminare la “cultura del buco” (la donna oggetto: solo un “buco” per la soddisfazione maschile) che fino ad oggi ha contraddistinto l’educazione dei maschi e cominciare ad insegnare nelle scuole l’educazione sessuale in modo corretto dal punto di vista scientifico, e le basi dovranno sempre essere l’amore ed il rispetto dell’altro in ogni argomento trattato. I sessuologi devono insegnare ai ragazzi a fare l’amore (a fare felice il partner, a dare e ricevere piacere): rapporto sessuale completo = orgasmo per entrambi i partner con o senza il rapporto pene-vagina (la “prima volta” anche senza rapporto vaginale, stimolazione contemporanea del clitoride durante i rapporti, quindi anche al primo rapporto vaginale, ecc.) …. Si deve insegnare ai ragazzi che non è la quantità di donne “possedute” (o l’eiaculazione in una vagina) che li farà sentire più “Uomini”, è al contrario la capacità di amare (anche una sola donna per tutta la vita) quello che conta veramente.
Si deve insegnare agli uomini che la masturbazione è normale a qualsiasi età, e che è una illusione pensare che staranno meglio dopo essere stati con una prostituta o con ragazzini/e o dopo aver violentato qualcuno ….. Ai ragazzi va anche spiegato quali sono le conseguenze della pornografia. Tutti i ragazzi (e gli uomini) devono essere informati che la visione continua di immagini o film pornografici per potersi eccitare e masturbare, può portare a una vera e propria dipendenza e assuefazione, quindi con il tempo il risultato è proprio l’effetto contrario a quello voluto: la riduzione della capacità di eccitarsi mentalmente!


Elisa (Sito AIED) > Potrebbe essere utile creare dei servizi che intervengono nel momento stesso in cui parte la denuncia e si occupano di tutelare la donna durante tutto l’iter, proteggendola e offrendole un rifugio se necessario. Forse facendo sentire alle donne che non sono sole si incentiverebbero le denunce.
Inoltre introdurrei dei corsi a partire dalle scuole medie, per insegnare alle donne a riconoscere un possibile carnefice, oltre ad istituire dei corsi di difesa personale gratuiti su tutto il territorio nazionale.
Infine istituirei, un numero verde a livello regionale per permettere alle donne di consultarsi con degli esperti e degli sportelli in tutte le ASL dove le donne possono recarsi a chiedere un consulto.


Giovanni Paci  (Pratiche Sociali) > Lottare contro la cultura della violenza significa quindi, prima di tutto, non accettare che qualcuno possa essere ridotto a oggetto. Difendere la dignità di essere umano in tutte le occasioni possibili, dallo spot pubblicitario al trattamento sul posto di lavoro. Significa poi non accettare forme di dominio leggero, suadente, accattivante che ci danno l’illusione di essere parte del potere e magari di condividerlo ma che invece impediscono soltanto a questo potere di essere messo in crisi e di crollare una volta riconosciuto nella sua essenza menzognera. Infine significa non lasciare nessuno solo ma stare vicini gli uni agli altri rigettando la logica che vuole il sacrificio dell’uno, diverso, necessario per la sopravvivenza dei molti, uguali.


Vincenzo Puppo (Facebook) > Bisogna eliminare la MENTALITA’ maschilista nell’educazione dei bambini (Educazione Maschilista Unica), solo così poi NON ci saranno più maschilisti/stupratori adulti: vedi l’importanza di corsi di educazione sessuale/prevenzione violenze nelle scuole e università


Raffaella Misuraca (Facebook) > La donna, l’essere più forte e fragile dell’universo va amata, difesa, protetta e non maltrattata oppure violentata, questo si dovrebbe insegnare ai ragazzi fin dalla scuola primaria.


Luisa Pronzato  @luisapronzato (Twitter) > #noviolenza dovrebbe essere assunto sociale, culturale, politico. E ricaduta su formazioni a tutto campo


MikaelaB @1970mikaela (Twitter) > #NoViolenza sarebbero interessanti conferenze con chi ha subito violenze e specialisti che aiutano a capire e a volte prevenire


Melanie (Sito AIED) > sicuramente bisognerebbe cercare di dare un supporto morale a chi non ha più o non ha mai avuto la forza di reagire. Un corso di autodifesa, gratuito, potrebbe essere un inizio. In questo modo non solo impara a difendersi, diventa più forte, ha la possibilità di stare insieme a persone e di cacciare tutta la forza che ha nascosta dentro di se!


Patrizia Ottone @cogla (Twitter) > Violenza sulle donne e violenza omotransfobica vanno insieme: ci vuole formazione in scuole e luoghi di lavoro


Cinzia Marroccoli @CinziaCima55 (Twitter) > “prevenzione” si deve fare nelle scuole, dove ci sono i soggetti, gli oggetti e i testimoni violenza


Serena (Sito AIED)  > secondo me il modo migliore per aiutare le donne che subiscono queste violenze fisiche, ma anche e soprattutto psicologiche, è creare una “rete di salvataggio”, dove le donne possano sentirsi protette. Dunque creare sportelli “virtuali” e reali, momenti di confronto e di aggregazione, sia online e che offline … condividere le esperienze rende più forti. in ogni città dovrebbe nascere un centro di ascolto, sostenuto da un’intesa rete sul web e da esperti professionisti psicologi e medici. Se le violenze avvengono in privato è difficile farle uscire a galla. sono sicura che campagne di sensibilizzazione come questa siano un primo passo per dar voce a questi fatti e sensibilizzare l’opinione pubblica, senza strumentalizzazioni e generalizzazioni.


Angelina (Sito AIED)  > Penso che combattere la violenza sulle donne vuol dire, in concreto, rimuovere quelle cause di discriminazione e disuguaglianza che ancora sussistono quale retaggio di una società patriarcale soprattutto nel sud Italia. Le iniziative e i dibattiti dovrebbero coinvolgere una platea ampia e variegata rivolgendosi alle donne di diversa estrazione sociale e culturale, il che trova nella rete un canale di comunicazione privilegiato che superi le mura di un dibattito molto spesso relegato in aule universitarie o ambiti ristretti ove mancano le vere protagoniste, donne vittima di atti di violenza che possano raccontare le proprie storie. Solo la consapevolezza e la condivisione ci unisce e ci rende più forti.


Cinzia Marroccoli (Sito AIED)  > Il lavoro da fare è molto complesso è intrecciato, non si parla di un argomento neutro, ma di qualcosa che va a toccare profondamente i rapporti di potere fra uomini e donne, quindi l’intera ossatura su cui si basa la nostra società. Necessario tutto ciò che può portare a un cambiamento culturale, partendo soprattutto dai mass media. Necessaria prevenzione nelle scuole, formazione a tappeto di tutte le porte a cui possono afferire le donne in situazione di violenza ( medici di base, operatori socio-sanitari, forze dell’ordine) incremento di Centri antiviolenza sul territorio, favorendo le esperienze che vengono dalla base, altrimenti ci ritroveremo in breve tempo con i Centri istituzionalizzati e con quindi scarsa efficacia. Inoltre su questo problema ritengo importante che ci lavorino soprattutto le donne, proprio perchè non è un argomento neutro, e chi è veramente motivato. Per quanto riguarda il lavoro sugli uomini violenti, la maggior parte di loro ritiene di non avere nessun problema e quindi non è motivato al cambiamento.


Serbilla (Sito AIED)  > Oggi, per me, non può esistere un discorso contro la violenza che non prenda in considerazione il legame che esite tra questa (dis)educazione alimentare incentrata sul dolore e sulla sottomissione, e quella che si esercita contro il più debole del gruppo, che chiamiamo bullismo, e contro le donne, che chiamiamo maschilismo, o contro gli stranieri e chi ha la pelle di colore diverso, che chiamiamo razzismo. Solo un discorso radicale, che parta dall’origine, può portare allo smantellamento del sistema, perché è il sistema intero di disvalori che va smantellato, altrimenti i corsi di educazione all’affettvità e le campagne contro il femminicidio intaccheranno sempre e solo la superficie delle cose. La rimozione di quella violenza, grazie alle confezioni colorate nei supermercati, non è diversa dall’uso del corpo femminile erotizzato alla televisione, e la rezione di maschilisti e sessisti alle denuncie del femminismo, l’attacco violento contro le donne, è incredibilmente simile a quello che si ottiene parlando pubblicamente della violenza contro gli animali. Non è casuale. Lo specismo è una chiave di lettura del sessismo, come del razzismo, piuttosto rivelatrice.


Laura A. (Sito AIED)  > É molto importante che esistano aiuti anche per gli uomini, a partire dall’aiutarli a rendersi conto di aver bisogno di aiuto. A Firenze esiste il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti.


Maddalena (Sito AIED)  > Ritengo che il legislatore debba fare un passo in avanti e approntare un sistema normativo nuovo, perché quello attuale sempre più mostra la sua inefficienza. Di rimando, io rivolgo un appello alle nostre parlamentari, a qualunque schieramento appartengano, affinchè lavorino, con piena unità d’intenti, alla predisposizione di un testo normativo che, configurando la specificità dell’omicidio che abbia come vittima una donna, appronti le conseguenti misure idonee a garantirne la sicurezza, soprattutto per quelle che denunciano coraggiosamente i loro aguzzini e che nelle more del processo non possono vederli circolare impunemente. La necessità di un impegno più consapevole e foriero di risultati positivi risulta più che mai una tappa obbligata.


Giorgia Polly (Sito AIED)  > L’educazione non va fatta solo ai potenziali “aggressori” ma anche alle potenziali aggredite. Perche’ smettano di vedersi come vittime, cosa che aizza ancora di più l aggressore. É un circolo vizioso.


Stefania (Sito AIED)  > Non è con nuove leggi che si combatte la violenza o ‘buttando la chiave’. Il problema è culturale.


Mimma (Sito AIED)  > Mi piacerebbe se la televisione imparasse a rispettare le donne e condannasse la violenza senza indulgere alla sterile emotività o ai particolari da guardoni che non arrivano mai a far ragionare le mamme ad educare i figli maschi. forse se si dessero servizi reali di sostegno alle donne e si evitassero le sentenze scandalose come la non punibilità dello stupro di gruppo, si potrebbe sperare nel rispetto delle donne, soggetti e non oggetti.


Luciana Riommi (Facebook) > Campagne come quella che l’Aied sta conducendo sono essenziali per continuare a ricordare, per sensibilizzare le coscienze, perché solo una riflessione approfondita e continuata può tentare di modificare il modello culturale all’interno del quale questi delitti vengono perpetrati.