L’iniziativa 2.0 “No Violenza – Contro lo stalking, il femminicidio ed ogni altra forma di violenza sulle donne” si è tenuta dal 16 al 29 aprile 2012.
Di seguito la pagina su cui si è svolta l’iniziativa.
Oggi si parla tanto di violenza sulle donne, stalking e femminicidio, ma cosa si fa di concreto per combatterli?
Nasce da qui l’iniziativa 2.0 “No Violenza – Contro lo stalking, il femminicidio ed ogni altra forma di violenza sulle donne”.
Vogliamo sollevare una discussione e un confronto mirati a raccogliere proposte e idee che affrontino concretamente questi problemi, raccogliere un sentimento comune che determini un vero cambiamento.
Non vogliamo riportare numeri e statistiche, perché dietro ognuno c’è una storia, un volto, una sofferenza, ma vogliamo sollevare il problema, chiedervi di contribuire a rompere il muro di silenzio e di invisibilità. Un “brainstorming” in rete che porti tutti ad avere una visione più completa di questi fenomeni, per riconoscere un percorso di rinnovamento sociale da perseguire.
Questa iniziativa va dal 16 al 29 aprile e si snoda su questa pagina del sito AIED (per commentare clicca qui e vai a fondo pagina) sulla nostra pagina Facebook , su Twitter #NoViolenza, su YouTube nella playlist “Violenza contro le donne”, su tutti i vostri ambienti social.
Venerdì 20 è Blogging day, ci piacerebbe davvero che i blogger si facessero sentire, creando una rete che spinga forte il messaggio. Clicca qui per vedere la lista dei Blogger partecipanti.
Date spazio e partecipate attivamente a questa iniziativa e invitate i vostri amici a partecipare.
Fotografi, pittori, poeti, scrittori, illustratori, grafici, vignettisti, diamo all’iniziativa un taglio personale e usiamo linguaggi espressivi differenti. Utilizzate il nostro banner bianco e inserite il vostro punto di vista, ognuno potrà interpretare il messaggio #NoViolenza a modo proprio.
Scaricate il psd, inserite la vostra immagine e pubblicatela sulla nostra pagina di Facebook.
Vorremmo che da queste 2 settimane di confronto nascessero progetti concreti (per tutti i contributi che stiamo raccogliendo clicca qui) e solo insieme possiamo riuscirci.
Grazie!
AIED
Utilizza i nostri banner
credits: carbonnyc




.io cosa ho fatto? ho rifiutato un rapporto (ed avevo voglia!!!) perchè lui è un violento,nn cattivo,ma nn ha quella delicatezza e raffinatezza che mi fanno piacere,e sola in casa e disabile dire di no ad un tipo di m.2 x +100kg ce ne vuole………
Hai fatto bene Letizia, allontanare o comunque rifiutare rapporti con persone violente potrebbe (se lo facessimo TUTTE) mandare un messaggio. Ma mi chiedo: se una persona diventa violenta dopo? Se sembra una brava persona e poi si rivela aggressiva e fuori controllo? Io chiederei ai professionisti che studiano il comportamento umano: è possibile riconoscerli? Ci sono segni a cui noi donne possiamo dare un significato?
(L’ho scritto su Facebook ma lo riporto qui) Pensando alla violenza sulle donne in termini “fisici”, penso che frequentare e allenarsi con dei corsi di autodifesa e simili possa tornare utile..il mio ragazzo mi ha insegnato alcune tecniche di krav maga, che in effetti sono interessanti da conoscere, anche solo per avere più tempo di reazione.
perfettamente d accordo!
I Centri Anti Violenza si occupano di stalking, e lavorando in rete con legali e talvolta anche con le forze dell’ordine, possono dare un aiuto alle donne per valutare la gravità dei fatti e la migliore strategia da seguire per sottrarsi alle persecuzioni. Gli indirizzi dei centri si trovano sul Portale della Rete Nazionale Antiviolenza, digitando 1522 che è anche il numero speciale dedicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Settore Pari Opportunità. Ma attenzione non tutti i centri sono ancora registrati, Biella ad esempio non è presente pur avendo un centro anche di ascolto per le vittime che risponde al n.ro verde 800 266233. Noi dell’associazione NON SEI SOLA delle Volontarie del Centro di Ascolto Anti Violenza di Biella, oltre all’accoglienza ci occupiamo anche di progetti finalizzati alla sensibilizzazione sul tema della violenza di genere. Per il secondo anno consecutivo stiamo lavorando con i ragazzi delle classi 3^ e 4^ di una scuola secondaria al progetto dal titolo “Ti do i miei occhi e adesso dimmi come vedi il mondo”. Per noi operatori è molto coinvolgente e stimolante lavorare su questi temi con i ragazzi, abbiamo anche del materiale video che possiamo mettere in rete.
Vorrei portare a riflettere su una delle pratiche più infamanti del genere femminile, l’infibulazione, che forse pensiamo essere un retaggio culturale sempre meno diffuso e invece scopriamo che il 98% delle donne somale è stata infubulata, e anche in Egitto, Indonesia, e in moltissimi paesi africani, le percentuali sono altissime….98% significa la quasi totalità….com’è possibile che ancora si possa praticare un’offesa del genere come se fosse un tratto culturale da conservare? perchè la Chiesa non si indigna di fronte a questa barbarie?
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Linearosa, il nostro centro antiviolenza donna di Salerno, per combattere ogni forma di violenza contro le donne, ha istituito sportello stalking, corsi di autodifesa femminile, inoltre offre consulenze legali e psicologiche, ma tutto ciò non basta. Le donne che si rivolgono a noi lamentano una mancanza di sensibilità da parte delle forze dell’ordine che, il più delle volte, accolgono per primi i loro sfoghi, al momento della denuncia o subito dopo la violenza.
Sarebbe opportuno istituire un corso di sensibilizzazione e di in-formazione per le forze dell’ordine, tenuto da operatori che operano nel campo da anni e che meglio di tutti conoscono le necessità delle donne.
La prima forma di violenza nasce sui banchi di scuola ed esce dai libri di testo: che non raccontano nulla di noi donne. Artiste, poetesse, scrittrici, scienziate, fisiche e matematiche… le donne crescono senza vedersi rappresentetate. Non hanno modelli forti a cui mirare, non hanno stima di sè in quanto mai rappresentate in positivo. Come possono crescere forti e autostimanti quando per 13 anni di studio non si ritrovano come gene genere narr
…come genere narrante nella nostra storia scolastica ? Noi abbiamo pari dignità e pari valore degli uomini nei vari saperi, ma siamo state volutamente oscurare e avvilite per poterci controllare e maltrattare! Se non è violenza questa! Da qui nasce la debolezza e la paura di molte donne. Dobbiamo pretendere che i testi scolastici parlino di NOI.
E’ di vitale importanza creare una rete e aderire ad iniziative come questa, nata per favorire la crescita della consapevolezza ad una educazione non violenta e per combattere ogni tipo di violenza sulle donne, consapevolezza non solo nelle donne, ma anche -importantissimo- negli uomini.
Violenza è anche una piccola storia come questa: “…Per anni lei si è sentita inadeguata e anormale perché lui aveva solo richieste da imporre, la colpa era solo sua che non sapeva comprendere e corrispondere alle esigenze del suo sposo. Per tanto tempo non ha capito che questa era una violenza che si consumava su di lei tutti i santissimi giorni. Questo è continuato per tanti anni. Infine dopo tanto soffrire l’ha capito, ma lui aveva già da tempo ucciso ogni voglia e desiderio. Adesso si chiede come sarebbe stato se avesse potuto ribellarsi prima… e come sarebbe bello capire cosa è il desiderio”.
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Questo video sul traffico delle donne che vengono fatte emigrare nei paesi dell’ovest con la promessa di carriere nel mondo dello spettacolo fa riflettere. E’ stato girato in un quartiere a luci rosse di Amsterdam.
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=gfFzCDIQ_a8
E’ importante veicolare questi messaggi.
Dobbiamo impegnarci ad aiutare tutte quelle donne che non hanno il coraggio di denunciare i loro aguzzini
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Violenza fisica, psicologica, stolking, mobbing sul posto di lavoro, discriminazione. Sono concetti che devono essere insegnati a scuola ed in famiglia, per dare gli strumenti ai nostri figli, nipoti per poter costruirsi una coscienza morale. Non è necessario sfociare nel femminismo sfrenato, a volte poche parole servono più di mille cortei. E’ necessario scuotere le coscienze dei nostri ragazzi, ma non solo. E’ necessario far sentire alle donne che non sono sole, che esiste una via d’uscita che si può alzare la voce, difendersi, impedire che ci facciano del male. Bisogna imparare che volersi bene è un atto di forza mostruoso ma che distrugge il più accanito degli uomini. Facciamoci aiutare, sempre.
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buona sera la prima riflessione molto semplice non esistono uomini o donne ma esseri umani con uguali diritti e doveri,non ho mai visto l’altra meta del cielo come un essere umano di serie b ma come parte integrante della societa che anzi con la sua precisione inventiva magnifica l’altra parte ,in merito a stalking femminicidio nel secondo si configura il crimine contro l’umanita ,lo stalking dicevo va punito in modo severo senza se e senza ma per il secondo caso mi asterro da dire cio che penso in merito a punizioni essendo un uomo di idee moderne anche se certi crimini la castrazione chimica e il carcere a vita siano il minimo che si possa chiedere, detto questo spero di avendo espresso il mio pensiero di essere stato utile x una futura discussione vi ringrazio x l’opportunita datemi vi abbraccio con affetto francesco(lupoditalos) e patrizia
Bisognerebbe educare fin da bambini alla non violenza gli uomini quanto le donne. Sia in casa che nelle scuole sarebbe opportuno educare allo stesso modo maschi e femmine, mettendoli sullo stesso piano. A volte è il modo in cui si cresce, l’ambiente in cui si vive che rende le persone aggressive e violente.
Le istituzioni, ovviamente, possono e devono intervenire. Istituire nelle scuole corsi di autodifesa o simili può essere un passo avanti per l’emancipazione femminile, per aiutare le donne a sentirsi “alla pari” e vincere una discriminazione quasi sempre psicologica prima che fisica.
buona sera volevo lasciare un ulteriore commento sull argomento io credo che x tutte 2 i crimini in oggetto la cosa dovrebbe essere affrontata gia dalle scuole secondarie intoducendo come materia dell importanza dell italiano e della matematica l’educazione civica il rispetto dei sessi e del prossimo se queste cose vengono inculcate gia nei primi anni scolastici nei ragazzi si potrebbe nel tempo o perlomeno si spera ridurre questi odiosi comportamenti vedere nei soggetti deboli (tra virgolette) non un possibile abuso ma uno stimolo ad aiutare farebbe crescere la societa chiaramente questo e un mio pensiero ma secondo me se in menti giovani si insegnano certi valori qualcosa rimane con affetto come sempre da lupoditalos
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ecco il mio contributo (che è nella parte finale del video… in youtube/newsexology) che riguarda il mio campo professionale: “Violenze sulle donne in tutto il mondo – Si possono prevenire solo insegnando ai bambini il Rispetto e che tutti gli esseri umani sono “Persone” con gli stessi diritti” (vedi la parte finale!…)in: http://www.youtube.com/watch?v=A6NT3DaNQAY&list=PL82658FF3518156E8&index=2&feature=plpp_video
Vorrei suggerire anche uno spettacolo teatrale (basato sulla mia lezione universitaria per le donne: sulla sessualità femminile, prevenzione violenze, ecc.) con la lettura di esperienze di donne… a chi interessa approfondire/collaborare a questa mia proposta, vedi il mio ultimo post inserito nella mia bacheca facebook…
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Qua il mio contributo http://mollicadipane.blogspot.it/2012/04/stop-alla-violenza-sulle-donne.html
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Come mi avete chiesto scrivo un riassunto del mio articolo presente nel video per prevenire le violenze, in youtube (con alcuni aggiornamenti).
La prevenzione delle violenze sulle donne sarà possibile solo cambiando l’educazione dei bambini ed eliminando l’educazione maschilista unica.
(Vincenzo Puppo 2012)
…… A tutti i bambini deve essere spiegato l’assurdità di qualsiasi violenza compiuta su un altro essere umano. Nel terzo millennio una società con ruoli ben definiti, diversi tra maschi e femmine, come nel passato, non è più necessaria. Oggi anche l’uomo pensa ai bambini o alla casa, e la donna se le si dà la possibilità di farlo, volentieri va a lavorare, è chiaro che anche il modo di educare e crescere i bambini dovrà cambiare.
Dal punto di vista intellettuale e comportamentale non esistono reali differenze tra maschi e femmine (quelle che esistono sono dovute principalmente a condizionamenti culturali acquisiti). Quindi si potrebbe già cominciare a considerare i giocattoli in modo neutro, senza distinzioni di sesso, e, per esempio, far giocare i maschietti (chiaramente senza prenderli in giro) anche con i giochi “femminili”, abituarli di più alla compagnia e ai giochi con le bambine e ad aiutare i genitori anche nelle “faccende” domestiche, cominciando a responsabilizzarli come si fa con le bambine.
Chiaramente non si dovranno più comprare e regalare giocattoli di guerra ai bambini….. Dal punto di vista sessuologico si dovrà eliminare la “cultura del buco” (la donna oggetto: solo un “buco” per la soddisfazione maschile) che fino ad oggi ha contraddistinto l’educazione dei maschi e cominciare ad insegnare nelle scuole l’educazione sessuale in modo corretto dal punto di vista scientifico, e le basi dovranno sempre essere l’amore ed il rispetto dell’altro in ogni argomento trattato. I sessuologi devono insegnare ai ragazzi a fare l’amore (a fare felice il partner, a dare e ricevere piacere): rapporto sessuale completo = orgasmo per entrambi i partner con o senza il rapporto pene-vagina (la “prima volta” anche senza rapporto vaginale, stimolazione contemporanea del clitoride durante i rapporti, quindi anche al primo rapporto vaginale, ecc.) …. Si deve insegnare ai ragazzi che non è la quantità di donne “possedute” (o l’eiaculazione in una vagina) che li farà sentire più “Uomini”, è al contrario la capacità di amare (anche una sola donna per tutta la vita) quello che conta veramente.
Si deve insegnare agli uomini che la masturbazione è normale a qualsiasi età, e che è una illusione pensare che staranno meglio dopo essere stati con una prostituta o con ragazzini/e o dopo aver violentato qualcuno ….. Ai ragazzi va anche spiegato quali sono le conseguenze della pornografia. Le prime volte la pornografia eccita molto, ma la visione continua e ripetuta degli organi genitali maschili e femminili e di rapporti esclusivamente sessuali (annulla completamente l’immaginazione, facendo vedere “tutto”) porta lentamente senza che l’uomo (ma anche la donna…) se ne accorga, ad una inibizione della capacità di eccitarsi mentalmente e di avere così l’erezione: lo stesso stimolo sensoriale continuamente ripetuto se all’inizio eccita, dopo un certo tempo non lo è più, il cervello ha bisogni di stimoli superiori, con la necessità di stimolazioni dirette sul pene sempre maggiori….. Tutti i ragazzi (e gli uomini) devono essere informati che la visione continua di immagini o film pornografici per potersi eccitare e masturbare, può portare a una vera e propria dipendenza e assuefazione, quindi con il tempo il risultato è proprio l’effetto contrario a quello voluto: la riduzione della capacità di eccitarsi mentalmente!
Concludendo, le violenze sulle donne aumentano e per questo, tra gli “interventi”, è necessario anche fare PREVENZIONE, specialmente nelle scuole, con la donna considerata NON più un oggetto sessuale ma una persona da amare: NON si deve più insegnare/divulgare, fare credere ai maschi che saranno adulti dopo aver messo il loro pene in una vagina. Ed eliminare il culto del pene e la cultura del “buco” = Educazione Maschilista Unica (EMU). Bisogna eliminare la MENTALITA’ maschilista nell’educazione dei bambini, solo così poi NON ci saranno più maschilisti/stupratori adulti!
PS: Mi chiedono spesso in youtube/newsexology e in facebook, perché non si deve più usare “orgasmo vaginale” e “vagina” per gli organi genitali esterni:
1- La negazione (e ignoranza) del piacere femminile serve per controllare la sessualità femminile e avere “potere” sulle donne: l’orgasmo vaginale è stato inventato 100 anni fa da Freud (senza basi scientifiche!) per fare accettare alle donne il loro ruolo sociale (Laqueur 1990) e la loro inferiorità… (e il punto G/A/U/K/ecc sono bufale e un business sulla pelle delle donne!… o si possono definire anche frodi??)..
2- L’orgasmo femminile è sempre scatenato dalla stimolazione della vulva (clitoride, piccole labbra ecc…): orgasmo vaginale e vagina (organo riproduttivo, presente anche nei maschi nella prostata…) sta a orgasmo femminile e Vulva (organo del piacere) come oggetto sessuale sta a Persona e le violenze sessuali hanno come base la “cultura del buco”…
3- Chiamare le cose con il loro vero nome è importante (altrimenti NON esistono): le donne non si devono più vergognare della vulva (e sapere che l’orgasmo vaginale NON esiste!)… la conoscenza è libertà (il Potere delle Parole!): vulva-clitoride-piccole labbra-orgasmo femminile sono termini che da ora devono essere usati da tutte le donne (inoltre è importante anche per i ragazzi/prevenzione violenze…) e specialmente dagli “esperti” (quante sono le responsabilità di psicologi/sessuologi/educatori/sociologi/ecc ??…Le violenze sessuali, oltre che per i motivi che spiegano gli psicologi, sono compiute anche per sentirsi “Uomini”….. l’educazione sessuale in pratica non esiste…. e una educazione all’amore e a fare l’amore non è nemmeno presa in considerazione: ma una vera prevenzione delle violenze sessuali e della pedofilia non può prescindere da questa…) che fanno divulgazione “scientifica”!
Penso che molto spesso il problema sia il fatto che le donne che subiscono violenza domestica, che come purtroppo si sa sono la maggioranza, abbiano paura di denunciare e parlare per tutto quello che potrebbe comportare per la loro vita, ma anche e soprattutto perché spesso sono lasciate sole dalle istituzioni e non si sentono protette. Potrebbe essere utile creare dei servizi che intervengono nel momento stesso in cui parte la denuncia e si occupano di tutelare la donna durante tutto l’iter, proteggendola e offrendole un rifugio se necessario. Forse facendo sentire alle donne che non sono sole si incentiverebbero le denunce.
Inoltre introdurrei dei corsi a partire dalle scuole medie, per insegnare alle donne a riconoscere un possibile carnefice, oltre ad istituire dei corsi di difesa personale gratuiti su tutto il territorio nazionale.
Infine istituirei, un numero verde a livello regionale per permettere alle donne di consultarsi con degli esperti e degli sportelli in tutte le ASL dove le donne possono recarsi a chiedere un consulto.
Ho partecipato anche io al bloggin day… E’ una bellissima iniziativa molto molto importante!
Grazie! grande iniziativa. Partecipa anche la rivoluzione del pensiero 🙂
http://lanavesullonda.blogspot.it/2012/04/no-alla-violenza-sulle-donne.html
Riguardo a quello che ha scritto un commento poco più sopra (e cioè che “La prevenzione delle violenze sulle donne sarà possibile solo cambiando l’educazione dei bambini ed eliminando l’educazione maschilista unica”) sono d’accordo e rimando a questi link:
1. uomini e donne
http://www.lovingarmy.org/main/pages/MenWomen
2. bambini
http://www.lovingarmy.org/main/pages/kids
forse dovrei precisare meglio: sono d’accordo sull’enunciato, MA riguardo a come svilupparlo rimando a quei link.
Ciao; grazie per l’iniziativa, anche da noi
http://laretedellereti.blogspot.it/2012/04/oggi-blogging-day-contro-la-violenza.html
Pingback: Essere donna e morire per un’ inadeguata tutela dello Stato: il fallimento del 612 bis+ « Giornale Il Referendum
Salve sono la direttrice editoriale della testata giornalistica GiornaleIlReferendum, abbiamo messo nel nostro sito il banner dell’iniziativa e scritto un articolo. Lo linko qui
http://giornaleilreferendum.com/2012/04/22/essere-donna-e-morire-per-un-inadeguata-tutela-dello-stato-il-fallimento-del-612-bis/
Cordialmente,
La Redazione
Salve, mi fa a molto piacere che esista un’iniziativa del genere e vorrei dare il mio contributo segnalandovi un libro molto utile : Ruben de Luca ” Donne assassinate” Newton Compton Editori. Dovete assolutamente leggerlo, non per la morbosità di conoscere delle storie di crimini, ma perchè è un’analisi molto puntuale delle dinamiche che portano allo scontro tra i sessi. Vi è poi un interessantissimo decalogo per riconoscere gli stalker o comunque coloro che hanno rapporti patologici con le donne.
Pingback: pratichesociali › Violenza sulle donne: mai oggetti, mai illuse, mai sole
sicuramente bisognerebbe cercare di dare un supporto morale a chi non ha più o non ha mai avuto la forza di reagire. Un corso di autodifesa, gratuito, potrebbe essere un inizio. In questo modo non solo impara a difendersi, diventa più forte, ha la possibilità di stare insieme a persone e di cacciare tutta la forza che ha nascosta dentro di se!
ops ME sta per Melanie 😉
la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, non ha bandiere, non ha confini, ma accomuna allo stesso modo le donne di tutto il mondo, di ogni razza e religione…e non risparmia nessuno. molte volte le violenze avvengono in ambienti domestici e proprio per questo è difficile denunciarle e tirarle fuori. secondo me il modo migliore per aiutare le donne che subiscono queste violenze fisiche, ma anche e soprattutto psicologiche, è creare una “rete di salvataggio”, dove le donne possano sentirsi protette. Dunque creare sportelli “virtuali” e reali, momenti di confronto e di aggregazione, sia online e che offline … condividere le esperienze rende più forti. in ogni città dovrebbe nascere un centro di ascolto, sostenuto da un’intesa rete sul web e da esperti professionisti psicologi e medici. Se le violenze avvengono in privato è difficile farle uscire a galla. sono sicura che campagne di sensibilizzazione come questa siano un primo passo per dar voce a questi fatti e sensibilizzare l’opinione pubblica, senza strumentalizzazioni e generalizzazioni.
Cosa ne pensate della preparazione delle forze dell’ordine su queste tematiche? Fino a qualche anno fa le violenze domestiche erano considerate come dei semplici screzi d’amore, e molte donne rimandate a casa dopo la denuncia, con conseguenze nefaste.
Purtroppo di maltrattamenti e violenza sulle donne se ne parla poco eppure si tratta di una tematica quanto mai attuale e all’ordine del giorno; basti pensare che una disciplina ad hoc, la c.d. legge sullo stalking, è stata introdotta solo nel 2009. Nonostante tale normativa, abbia dato una risposta parziale ad un fenomeno sempre più in espansione, risulta lacunosa e incostituzionale secondo parte della dottrina.
L’aspetto che più mi preme sottolineare è la difficile definizione del “danno psicologico”.
Trattandosi di stati d’animo quali ansia, paura ecc. che si prestano alle più svariate interpretazioni, maggiore determinatezza avrebbe imposto al legislatore una più precisa definizione della condotta del soggetto agente (stalker).
Ma il dato più problematico che prescinde dal dettato normativo attiene alla cifra oscura legata alla mancata denuncia delle condotte persecutorie da parte delle vittime per paura di ritorsioni da parte del proprio persecutore. A seguito della denuncia, infatti, il primo atto posto in essere è di “ammonimento” da parte del questore con conseguente limitata efficacia del provvedimento e mancanza di un sistema di efficace protezione da parte dell’autorità. Non meno rilevante è la previsione della gratuità dell’assistenza legale solo in casi limitati.
Penso che combattere la violenza sulle donne vuol dire, in concreto, rimuovere quelle cause di discriminazione e disuguaglianza che ancora sussistono quale retaggio di una società patriarcale soprattutto nel sud Italia.
Le iniziative e i dibattiti dovrebbero coinvolgere una platea ampia e variegata rivolgendosi alle donne di diversa estrazione sociale e culturale, il che trova nella rete un canale di comunicazione privilegiato che superi le mura di un dibattito molto spesso relegato in aule universitarie o ambiti ristretti ove mancano le vere protagoniste, donne vittima di atti di violenza che possano raccontare le proprie storie.
Solo la consapevolezza e la condivisione ci unisce e ci rende più forti.
La violenza è un fenomeno multidimensionale: sociale, relazionale, individuale. Nella dimensione sociale ci sta tutto quello che attiene alla cultura della discriminazione e della subordinazione di un genere sull’altro; nella dimensione relazionale ci sta tutto quello che attiene alle aspettative che la cultura investe nella coppia e nella famiglia e che gli individui fanno proprio; nella dimensione individuale ci sta tutto il vissuto dei protagonisti. Quindi il lavoro da fare è molto complesso è intrecciato, non si parla di un argomento neutro, ma di qualcosa che va a toccare profondamente i rapporti di potere fra uomini e donne, quindi l’intera ossatura su cui si basa la nostra società. Necessario tutto ciò che può portare a un cambiamento culturale, partendo soprattutto dai mass media. Necessaria prevenzione nelle scuole, formazione a tappeto di tutte le porte a cui possono afferire le donne in situazione di violenza ( medici di base, operatori socio-sanitari, forze dell’ordine) incremento di Centri antiviolenza sul territorio, favorendo le esperienze che vengono dalla base, altrimenti ci ritroveremo in breve tempo con i Centri istituzionalizzati e con quindi scarsa efficacia. Inoltre su questo problema ritengo importante che ci lavorino soprattutto le donne, proprio perchè non è un argomento neutro, e chi è veramente motivato. Per quanto riguarda il lavoro sugli uomini violenti, la maggior parte di loro ritiene di non avere nessun problema e quindi non è motivato al cambiamento.
La maggior parte degli interventi cita già tutte le cose che si potrebbero fare per arginare, almeno, i fenomeni di stalking e femminicidio, ma come dicevo su twitter, c’è qualcosa che io stessa ho appreso solo negli ultimi anni, cioè che la prima forma di violenza con la quale veniamo in contatto è quella che si trova nei nostri piatti fin da bambine/i, è da lì che apprendiamo la possibilità di sottomettere, usare e uccidere. Oggi, per me, non può esistere un discorso contro la violenza che non prenda in considerazione il legame che esite tra questa (dis)educazione alimentare incentrata sul dolore e sulla sottomissione, e quella che si esercita contro il più debole del gruppo, che chiamiamo bullismo, e contro le donne, che chiamiamo maschilismo, o contro gli stranieri e chi ha la pelle di colore diverso, che chiamiamo razzismo. Solo un discorso radicale, che parta dall’origine, può portare allo smantellamento del sistema, perché è il sistema intero di disvalori che va smantellato, altrimenti i corsi di educazione all’affettvità e le campagne contro il femminicidio intaccheranno sempre e solo la superficie delle cose.
La rimozione di quella violenza, grazie alle confezioni colorate nei supermercati, non è diversa dall’uso del corpo femminile erotizzato alla televisione, e la rezione di maschilisti e sessisti alle denuncie del femminismo, l’attacco violento contro le donne, è incredibilmente simile a quello che si ottiene parlando pubblicamente della violenza contro gli animali. Non è casuale.
Lo specismo è una chiave di lettura del sessismo, come del razzismo, piuttosto rivelatrice.
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non ce l’ho fatta per il bloggin day, il mio contributo lo do qui:
Cinzia scrive:
“Per quanto riguarda il lavoro sugli uomini violenti, la maggior parte di loro ritiene di non avere nessun problema e quindi non è motivato al cambiamento.”
Questo è il problema più grave, perché la violenza andrebbe prevenuta alla radice. Spesso chi compie questi atti ha disturbi di personalità meno gravi, ad esempio, di una psicosi, disturbi che la psichiatria riconosce come tali ma il codice penale – per ora – no.
E il nostro sistema culturale non aiuta, visto il linguaggio dei giornali che parlano di raptus di gelosia, omicidi passionale etc. etc., rischiando di “normalizzare” certe azioni.
Invece è molto importante che esistano aiuti anche per gli uomini, a partire dall’aiutarli a rendersi conto di aver bisogno di aiuto. A Firenze esiste il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti, non li conosco direttamente ma sul loro sito si trovano molte cose interessanti:
http://www.centrouominimaltrattanti.org/
http://ilportodellenuvole.wordpress.com/2012/03/14/parla-con-lui-due-anni-di-esperienza-del-cam-di-firenze/
Grazie a tutte e a tutti.
Premesso che la Asl Salerno offre l’opportunità di stipulare accordi tra Tribunali e forze dell’ordine con un apposito sportello anti-stalking, predisposto al fine di fornirte specifici contributi di informazione ai magistrati, agli inquirenti nonchè a chi riceva le denunce, vorrei riportare quale contributo un articolo che ho scritto per Noi donne nel novembre del 2010, a riprova di quanto sia importante che chi decida delle sorti e della vita delle donne che denunciano sia consapevole su quanto è di sua competenza. A quante altre Emiliana verrà negata la vita ?
La giornata internazionale contro la violenza alle donne è ormai trascorsa, accompagnata dalle opportune riflessioni sulle strategie da porre in essere per arginare un fenomeno sempre più dilagante. Si è parlato di un approccio al problema che attenga al profilo culturale della violenza di genere, così come di un impegno più fattivo delle istituzioni pubbliche, affinchè si predispongano misure più adeguate a tutela dell’incolumità e della vita delle donne. A questo proposito ritengo che il legislatore debba fare un passo in avanti e approntare un sistema normativo nuovo, perché quello attuale sempre più mostra la sua inefficienza. Il caso recente dell’assassinio di Emiliana Femiano può essere esemplificativo di un deficit di adeguatezza da parte delle regole predisposte a tutela di chi si trova nella triste condizione di attendere l’esito di una vicenda giudiziaria, che la vede vittima di violenza da parte del proprio partner. Emiliana, lo scorso dicembre, aveva denunciato e fatto processare il suo compagno, Luigi Faccetti, reo di averla coltellata, e si era addirittura costituita parte civile nel corso del processo, dimostrando la sua fiducia nella giustizia nonché un forte senso di responsabilità e di coraggio. A luglio gli avvocati difensori di Faccetti richiesero per il loro assistito la misura degli arresti domiciliari, contro cui si oppose la Procura , che fu chiara nell’affermare, nero su bianco, che l’imputato doveva rimanere in galera, perché sussisteva il pericolo di una reiterazione del reato. Volendo essere ancora più chiaro, il procuratore aggiunto Melillo sostenne che l’imputato doveva essere tenuto in cella, perché pericoloso e capace di provare ad ammazzare in un raptus di gelosia e di vendetta. Queste parole non furono, però, tenute nel debito conto, visto che il gip Modestino decise di assegnare il beneficio dei domiciliari al Faccetti accusato di tentato omicidio. In questi giorni viene giustificata questa scelta,
affermando che si trattava di “ un caso particolarissimo, eccezionale “, perché vi si ritrovava nel contempo “ l’ossessione compulsiva dell’assassinio e un’apparente sindrome di Norimberga da parte della vittima “( D’Urso, ai vertici della sezione gip). Al di là dei dubbi sull’interpretazione psicanalitica di questo caso, visto che il suddetto magistrato aveva comunque sottolineato che “ gli elementi acquisiti nel processo non consentivano un approfondimento sulla personalità della vittima e dell’imputato , la realtà ha dimostrato, invece, quello che la Procura aveva evidenziato nel suo parere negativo alla scarcerazione dell’imputato. Emiliana Femiano è stata uccisa lo scorso 23 novembre con 64 coltellate. Non ho gli strumenti tecnici per consigliare al legislatore un inasprimento del regime di custodia cautelare per chi è accusato di crimini efferati contro le donne, ma so per certo che occorre andare oltre la fattispecie normativa dello stalking. Tra i tanti messaggi che l’Anfora dell’UDI ha consentito di veicolare, ce ne era uno, a mio parere, importante, perché rivolto alla classe politica: una legislazione specifica che determini la previsione di un nuovo e specifico reato, il femminicidio. Solo mettendo in campo tutte le sinergie possibili si potrebbe addivenire ad un disegno di legge bipartisan, che consenta alle istituzioni di fare la propria parte nel contrastare il fenomeno della violenza di genere. La mamma di Emiliana Femiano ha chiesto ai giudici che Luigi Faccetti venga condannato all’ergastolo affinchè “nessuna altra madre abbia a soffrire le pene che sto soffrendo io”. Di rimando, io rivolgo un appello alle nostre parlamentari, a qualunque schieramento appartengano, affinchè lavorino, con piena unità d’intenti, alla predisposizione di un testo normativo che, configurando la specificità dell’omicidio che abbia come vittima una donna, appronti le conseguenti misure idonee a garantirne la sicurezza, soprattutto per quelle che denunciano coraggiosamente i loro aguzzini e che nelle more del processo non possono vederli circolare impunemente. La necessità di un impegno più consapevole e foriero di risultati positivi risulta più che mai una tappa obbligata, per Emiliana, che è morta assassinata per aver creduto in una giustizia che le assicurasse il diritto alla vita, per tutte le altre donne che non si rassegnano a vivere un presente fatto di violenza e di sopraffazione, ma anche per chi non ha la forza di gridare il suo bisogno d’aiuto.
Sto imparando il krav maga con mio cugino istruttore. Se uno sa di non avere un soggetto indifeso di fronte ma una persona capace di suonargliele di brutto (anche con esiti molto pesanti talvolta…il krav maga non e’ molto attento all “etica” ma solo al risultato, se uno cerca di farti male tu fagli PIU’ male….), scommettiamo che un po’ passa la voglia di rompere le ovaie? se qualcuno dovesse aggredirmi magari qualcuno mi rompera’ il collo ma intanto un paio me li porto dietro 🙂 vi assicuro. L educazione non va fatta solo ai potenziali “aggressori” ma anche alle potenziali aggredite. Perche’ smettano di vedersi come vittime, cosa che aizza ancora di piu’ l aggressore. E’ un circolo vizioso. L aggressore di donne non va a rompere i cabasisi a un buttafuori alto due metri. E’ un vigliacco. Che provi a rompermi il collo….poi ne riparliamo.
e scusate per cabasisi…ma e’ una citazione da Camilleri 🙂
non è con nuove leggi che si combatte la violenza o ‘buttando la chiave’ Il problema è culturale, come spiega il Prof.Massimo Fagioli in questa intervista
–>Intervista allo psichiatra Massimo Fagioli: uomini che uccidono le donne (left n.28 2010)
di Ilaria Bonaccorsi Gardini
Nei giorni della strage di donne (54 dall’inizio dell’anno) pubblichiamo una intervista allo psichiatra Massimo Fagioli uscita su left del 16 luglio 2010. Anche allora era allarme per il “femminicidio” in Italia.
http://www.left.it/2012/04/29/intervista-allo-psichiatra-massimo-fagioli-uomini-che-uccidono-le-donne-left-n-28-2010/3050/
mi piacerebbe se la televisione imparasse a rispettare le donne e condannasse la violenza senza indulgere alla sterile emotivita’ o ai particolari da guardoni che non arrivano mai a far ragionare le mamme ad educare i figli maschi. forse se si dessero servizi reali di sostegno alle donne e si evitassero le sentenze scandalose come la non punibilita’ dello stupro di gruppo, si potrebbe sperare nel rispetto delle donne , soggetti e non oggetti.
Progetto Francesca da Rimini (http://www.cdrc.it/francesca.html)
Il progetto Francesca da Rimini, frutto di 3 anni di lavoro e di ricerche, è il punto di partenza del CDRC per sottoporre alla pubblica attenzione un tema che riteniamo cruciale e che ottiene ben poca attenzione: la morte della donna nel rapporto di coppia, ovvero l’omicidio della donna causato dal marito o dal fidanzato attuale o pregresso. Il progetto Francesca da Rimini intende presentare questo tema come una vera e propria emergenza sociale e diffondere, mediante il teatro e altri strumenti multimediali, la coscienza dei rischi che tale emergenza comporta, affinché possano porsi in atto misure capaci di arginare tale fenomeno.
Il progetto non si limita ad affrontare il generico tema della violenza nei confronti della donna; piuttosto si concentra su un particolare tipo di violenza – che è senz’altro il più grave-: l’uccisione della donna all’interno del rapporto di coppia, sia esso regolare o occasionale, passato o presente. E’ sufficiente una approfondita analisi sui quotidiani degli ultimi anni per prendere atto che il tema è di scottante attualità in Italia e in Europa, al punto da far parlare di vero e proprio allarme sociale. A fronte di questa situazione si deve denunciare una scarsa coscienza collettiva riguardo al fenomeno. E’ vero che ogniqualvolta che la pubblica opinione viene informata di casi del genere essa ne viene commossa e addolorata. Ma quasi mai si cerca di approfondire le ragioni e i limiti culturali che stanno sullo sfondo di questi eventi. Di rado si va oltre alla compassione per la vittima e non mancano persino casi in cui il comportamento dell’aggressore viene compreso o addirittura giustificato. Ed è sin troppo facile rintracciare il dolore dietro atti del genere o inventare nevrosi che possano far passare il carnefice da vittima.
Al riguardo vale la pena di considerare la differenza con cui l’opinione pubblica tratta due diverse fattispecie: il caso dell’uomo che uccide la propria donna e quello della donna che uccide il proprio uomo; ebbene tutti concorderemo nel rilevare che nel secondo caso la pubblica opinione mostra un interesse decisamente più marcato e i casi – relativamente rari – di donne che uccidono il proprio marito sono oggetto di pubbliche discussioni, di chiacchiere nei bar e per intere settimane restano al centro dell’attenzione di tutti. I casi in cui è l’uomo ad uccidere vengono invece dimenticati con la stessa rapidità con cui si getta un giornale vecchio. Una delle ragioni per cui questo avviene è certo l’assuefazione crescente ad eventi del genere: veniamo a sapere che il tal giorno, nella tale città, un uomo ha ucciso la sua ex moglie o la sua fidanzata; sappiamo che due o tre giorni dopo un altro uomo farà, altrove, la stessa cosa e finiamo per accettare questi eventi come ineluttabili. Tuttavia, come vedremo, l’abitudine non costituisce una spiegazione e il clima di assuefazione non basta a spiegare le ragioni di un fenomeno così aberrante.
Per una spiegazione seria conviene piuttosto considerare che uccidere vuol dire distruggere, eliminare, cancellare. Il tema della morte causata dall’uomo alla donna in contesti familiari o affettivi ci riporta immediatamente a un quadro dove a dominare non è semplicemente una occasionale violenza fisica o verbale ma piuttosto la cancellazione dell’identità e del diritto a una vita indipendente. E’ vero che in molti di questi casi l’autore del delitto agisce in un clima di generale autodistruzione, per cui oltre a uccidere la madre egli uccide anche i figli e conclude uccidendo se stesso. Tuttavia proprio questi casi – in cui la morte della fidanzata, della compagna, della moglie, diventa parte integrante dell’autodistruzione dell’assassino – rivelano una condizione psicologica in cui la vita della donna è vista come semplice appendice a quella dell’uomo. Ecco allora che affrontare il tema delle donne uccise dai loro amanti equivale in primo luogo ad affrontare il tema del diritto a una vita indipendente da parte della donna.
Ebbene, il fine del progetto “Francesca da Rimini” è in primo luogo quello di scuotere l’opinione pubblica e il mondo della cultura per uscire da questo clima in cui eventi devianti e mostruosi vengono accettati come corollario naturale della crisi della nostra società e operare, invece, un tentativo nella direzione dell’educazione all’orrore e alla inaccettabilità nei confronti di casi del genere. Allo stesso tempo il Progetto mira a comprendere il fenomeno individuando pregiudizi, antichi e moderni che vi stanno alla base, ponendo attenzione sul diritto incondizionato della donna a una completa libertà nella vita intellettuale e di relazione, e riconoscendo le donne come portatrici di una specifica identità culturale e intellettuale, in parte distinta da quella maschile.
Questo ci porta naturalmente al recupero di tanti spunti che il movimento delle Donne ha sviluppato negli anni ‘60 e ’70. Ma il Progetto Francesca da Rimini mira a portare avanti questi temi senza niente concedere ad atteggiamenti sessisti, o rivendicativi: non si tratta di portare avanti una battaglia “a vantaggio di un sesso” ma una battaglia per uomini e donne assieme, i cui frutti possono e devono essere goduti da entrambi. E’ convinzione dei promotori del progetto che gli uomini potrebbero essere i primi ad avvantaggiarsi di una cultura in cui la donna goda pienamente di quel diritto all’indipendenza culturale e intellettuale che per molti secoli le è stata negata. Oggi, nella nostra società, grazie alle battaglie condotte negli anni passati è possibile cominciare a intravedere le meravigliose promesse di un nuova cultura, in cui la donna possa finalmente parlare con piena dignità e libertà: oggi è dato di ascoltare lezioni universitarie di donne, oggi abbiamo il privilegio di avere, anche in Italia, delle donne che sono caposcuola di movimenti culturali. E questo è un grande vantaggio anche e soprattutto per gli uomini che non sono più costretti a una replica costante di un modo di pensare “maschile” e possono esplorare nuove strade intellettuali e morali. Tuttavia molto è il lavoro che deve essere ancora svolto. Lunga e difficile la battaglia . Il CDRC, mediante il Progetto Francesca da Rimini intende svolgerla con uno degli strumenti culturali di cui dispone, il Teatro.