Neonata nel cassonetto a Gemona, emblema della scarsità di assistenza e informazione

Il caso della giovane donna di Gemona è l’emblema della scarsità di informazione e assistenza di base su sessualità e contraccezione

Roma, 28 novembre 2014 — A margine del convegno “Giovani liberi di amare”, che ha visto la premiazione di progetti di comunicazione sulla sessualità, il Presidente dell’AIED Nazionale Mario Puiatti ha richiamato all’attenzione del pubblico una notizia di cronaca recente. Si tratta del caso della giovane donna siciliana residente a Gemona, madre di tre figli di 8, 6 e 2 anni, che dopo aver partorito in segreto e da sola – nascondendo a tutti la gravidanza – ha gettato la neonata nel cassonetto dei rifiuti.

“La vicenda della giovane donna di Gemona deve farci riflettere su alcuni aspetti sociali, educativi e sanitari che non possono più essere trascurati” — ha dichiarato Puiatti. “Senza entrare nel merito del crimine e considerando i fatti come ci sono stati riportati dalla stampa, è grave che nel 2014 nel nostro paese possano consumarsi in modo pressochè invisibile sofferenze personali come quelle di questa donna di nemmeno trent’anni, madre di tre figli, che porta avanti una quarta gravidanza, indesiderata, nel segreto e nel silenzio.

Le politiche di prevenzione sanitaria non possono escludere adeguati e diffusi programmi di informazione sulla sessualità e la pianificazione familiare, a partire dai medici di base e fino a una rete di servizi consultoriali capillari. Politiche che devono diventare parte di una cultura aperta nei confronti della sessualità, dove il medico di base è in grado di intercettare i bisogni di una paziente come per esempio la donna di Gemona, indirizzandola verso le strutture che possono rispondere alle sue esigenze.

Da sessant’anni l’Aied accoglie le donne e le famiglie nei propri consultori offrendo informazione, ascolto e assistenza sanitaria. Abbiamo oramai lunga memoria del tortuoso percorso che ha portato il nostro paese a liberarsi dell’articolo 553 del codice penale che vietava la propaganda e l’uso di metodi contraccettivi, così come delle morti per aborto clandestino.  Le politiche di informazione sulla pianificazione familiare non possono più essere considerate come una necessità marginale delle donne: devono diventare parte integrante dei servizi ai cittadini, a partire dall’educazione alla sessualità nelle scuole fino ai servizi consultoriali.”